Messaggi dal mare di Roberto Regnoli
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Luigi De Gregorio

Le poesie

MESSAGGI DAL MARE

Là all’ovest,
lungo la linea che col mare s’incrocia,
dietro una densa cortina di nuvole gialle,
un sole morente cerca il disperato abbraccio dell’acqua.

Sospeso un gabbiano plana
guadagnando lungo una termica
uno sprazzo d’azzurro.

Sulla battigia, un groviglio di granchi s’affanna
sui resti informi di un irriconoscibile pesce.

Tra i rifiuti, che la risacca ha ammassato sul lido,
una bottiglia verde cela nella sua pancia sformata,
un foglietto gualcito ingiallito dal tempo.

Un messaggio d’amore?
La mappa di un tesoro nascosto?
L’addio di un uomo disperato,
che ha scelto il naufragio a questa soffocante esistenza.

SPAGHETTI AGLIO E OLIO

L’olio dal ricco colore
dell’oro ha rubato i riflessi,
veloce riempie l’incavo nero della padella,
che già sul fuoco l’attende.

Il fuoco lo scalda e ne scioglie l’essenza.
S’ inebria la stanza della sua fragranza fruttata.

L’aglio di un traslucido bianco
dal profumo profondo, arricchisce di spezie il sapore,
mentre del bronzo assume l’aspetto.

Gli spaghetti nel turbinante 
ribollire della pentola,
attendono che si compia l’alchemica inganno del fuoco.



REQUIEM

La vedova inconsolabile
pose.

 
Ed è solo ricordo
il tempo che come rosario
di terra si sgrana fra
le mie dita.

 
E polvere ritornerà nella
mia tomba.

 
Ma tu che passi sappi
che ho palpitato di vita
e della vita mi sono nutrito
fino a morirne.
 

Solitario e lontano un faro

Il corpo appoggiato sulla battigia,
guardo dove la costa si apre
là sopravento lungo la striscia di sabbia
che corre ininterrotta 
sin quasi all’orizzonte. 

Intrisa di salsedine
e dell’acre profumo dei 
gigli selvatici, s’ avanza la notte
sulla brumosa superficie di un mare
che porta ancora il ricordo
di un tramonto infuocato.

Le onde s’inarcano al largo 
come giovani atlete impegnate 
in un esercizio  ginnico,
e vengono a morire tre i sassi
in un frastuono di vetri infranti.

Dietro le dune, una luna giaguaro,
s’inerpica in un cielo d’ardesia
punteggiato da stelle che raccontano
di destini ormai dimenticati dagli uomini;
E di uomini che hanno smarrito 
Il loro destino nei labirinti della vita.

Solitario e lontano un faro


 
RISVEGLIO

Nell’agitato palpitare dell’alba
mi rifugio nel tepore delle tue
candide membra.

Gli ultimi sogni morenti
mi riempiono ancora la mente
di un languore sensuale.

S’inseguono i miei pensieri 
lungo la linea ondulata del tuo corpo.

Non mi ha ancora abbandonato il sonno
che mi imprigiona in una fitta rete d’inganni.

Poi odo il suono della tua voce
Ti guardo e tu mi sorridi.

EROS

Vieni amore
conducimi con te
nelle profondità
del nero mare.

Portami sulle
candide cime 
che s’impennano 
nell’etereo turchino.

Lasciami scorrere
nel turbinare
di ruscelli dalle
acque smeraldo.

Adagiami nel grembo
odoroso di foreste
dense di ombre
che cupe celano la luce.

Fammi scivolare 
sulla sabbia di seta
del deserto
che del sole ha
rubato il colore

Loops

Lungo la linea
che cielo e terra unisce
si stempera il sole
in un impasto di colori
che sono a tratti ricatturano
Il profilo frastagliato della costa
ormai nascosta
dall’incipiente notte.

Al largo
una fottiglia di pescherecci
ridisegna con le sue luci
il cielo nascente.

Ancora troppo pallida l’Orsa
si nasconde tra la foschia
di questa sera d’estate.
un volo di falena ipnotizza
la curiosità distratta di un geco
che svelto rincorre
la sua ombra sul muro.

Lontano incombe il mare
appena accarezzato
dalla brezza nascente.

Al Porto

L’alba dalla dita rosate,
ha afferrato la notte
e ne ha lacerato il mantello.
La luce è sgorgata copiosa
come da una arteria recisa.
Inondando di colori vivaci
il paesaggio ammantato 
nel lattiginoso torpore del sonno.

Ombre indistinte s’affannano
attorno alle barche
dalle chiglie perfette.
Mani sapienti s’attardano
sugli attrezzi abilmente
disposti sulle poppe eleganti.

La marea che è entrata col sole
gonfia la superficie purpurea
dell’acqua che, viscida di alghe,
lambisce l’attracco.

Non si odono voci,
solo il sordo rimbombo
della risacca, che va a morire
su una spiaggia di sabbia.

Un uomo seduto,
guarda il largo.
Il suo viso segnato dal sole,
mi riporta alla mente la mia gente.

Big Game

L’attesa disegna sulla superficie immobile
dell’acqua incomprensibili fraseggi,
che il volo radente di un gabbiano
scompiglia e rimesta. 

Ad ovest, come una foschia densa
nubi gonfie di vapore
mollemente s’adagiano
sulla costa bassa e sabbiosa.

Lentamente le ore sgocciolano via
come dalla volta di una caverna,
ed incrostano di ricordi
un tempo sempre uguale a se stesso.

Le lenze tese in agguato
spiano presenze che la profondità
rende inquietanti.

Nel nero dell’abisso, grosse
sagome guizzanti s’aggrovigliano
in danze eleganti, evitando con 
destrezza l’inganno dell’amo.

Ma l’uomo, maestro del celare,
dà respiro al tempo,
e non gli ruba i suoi spazi.
Docilmente s’abbandona in coperta,
a che gli porta i suoi sogni.

E sogna, sogna di pescare
e del sonno spezza la trama
il sibilo acuto del filo che fugge.

Il torpore come nebbia al mattino
abbandona lo scafo
ed un trambusto ordinato lo scuote.

Ogni cosa è a suo posto,
ed inizia la lotta,
l’impari lotta tra l’uomo ed il Pesce. 

Regina è la sorte che tutto controlla
e piega al capriccio del fato il destino.
Ora regala un metro di lenza alla bestia,
ora uno né toglie.

I compagni gli si fanno d’appresso,
sono un gruppo compatto,
tutti attorno all’uomo che lotta,
gli trasfondono forza e vigore,
ma nessuno può placare il dolore
che dal filo gli sale nel petto.

Combatte ora il Pesce,
combatte l’uomo,
ed uno allieva le fatiche dell’altro
in un impari lotta contro il destino
che non ha mai vincitori.

Poi di colpo il silenzio,
l’animale stremato s’arrende,
non oppone più resistenza.
E’ reciso da Atropo il filo
che lo tiene legato alla vita.

Lentamente si ritira la lenza,
tutti attendono ansiosi in coperta 
che affiori dal fondo e dal buio
l’elegante sagoma argentea.

Ed è forte il tumulto nel cuore,
quando l’uomo Lo vede.
Ne disegna con lo sguardo le membra,
ne ricorda l’ardor nella lotta,
ma la voce gli si spezza nel petto.

Agli dei, ora chiede conforto,
agli dei, ora immola preghiere.
Non s’adiri il signore del mare
a chi ha ostato con inganno
provarlo di una preda di tale bellezza.
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