Le poesie
MESSAGGI DAL MARE
Là all’ovest,
lungo la linea che col mare s’incrocia,
dietro una densa cortina di nuvole gialle,
un sole morente cerca il disperato abbraccio dell’acqua.
Sospeso un gabbiano plana
guadagnando lungo una termica
uno sprazzo d’azzurro.
Sulla battigia, un groviglio di granchi s’affanna
sui resti informi di un irriconoscibile pesce.
Tra i rifiuti, che la risacca ha ammassato sul lido,
una bottiglia verde cela nella sua pancia sformata,
un foglietto gualcito ingiallito dal tempo.
Un messaggio d’amore?
La mappa di un tesoro nascosto?
L’addio di un uomo disperato,
che ha scelto il naufragio a questa soffocante esistenza.
Là all’ovest,
lungo la linea che col mare s’incrocia,
dietro una densa cortina di nuvole gialle,
un sole morente cerca il disperato abbraccio dell’acqua.
Sospeso un gabbiano plana
guadagnando lungo una termica
uno sprazzo d’azzurro.
Sulla battigia, un groviglio di granchi s’affanna
sui resti informi di un irriconoscibile pesce.
Tra i rifiuti, che la risacca ha ammassato sul lido,
una bottiglia verde cela nella sua pancia sformata,
un foglietto gualcito ingiallito dal tempo.
Un messaggio d’amore?
La mappa di un tesoro nascosto?
L’addio di un uomo disperato,
che ha scelto il naufragio a questa soffocante esistenza.
SPAGHETTI AGLIO E OLIO
L’olio dal ricco colore dell’oro ha rubato i riflessi, veloce riempie l’incavo nero della padella, che già sul fuoco l’attende. Il fuoco lo scalda e ne scioglie l’essenza. S’ inebria la stanza della sua fragranza fruttata. L’aglio di un traslucido bianco dal profumo profondo, arricchisce di spezie il sapore, mentre del bronzo assume l’aspetto. Gli spaghetti nel turbinante ribollire della pentola, attendono che si compia l’alchemica inganno del fuoco. |
REQUIEM
La vedova inconsolabile pose. Ed è solo ricordo il tempo che come rosario di terra si sgrana fra le mie dita. E polvere ritornerà nella mia tomba. Ma tu che passi sappi che ho palpitato di vita e della vita mi sono nutrito fino a morirne. |
Solitario e lontano un faro
Il corpo appoggiato sulla battigia, guardo dove la costa si apre là sopravento lungo la striscia di sabbia che corre ininterrotta sin quasi all’orizzonte. Intrisa di salsedine e dell’acre profumo dei gigli selvatici, s’ avanza la notte sulla brumosa superficie di un mare che porta ancora il ricordo di un tramonto infuocato. Le onde s’inarcano al largo come giovani atlete impegnate in un esercizio ginnico, e vengono a morire tre i sassi in un frastuono di vetri infranti. Dietro le dune, una luna giaguaro, s’inerpica in un cielo d’ardesia punteggiato da stelle che raccontano di destini ormai dimenticati dagli uomini; E di uomini che hanno smarrito Il loro destino nei labirinti della vita. Solitario e lontano un faro |
RISVEGLIO
Nell’agitato palpitare dell’alba mi rifugio nel tepore delle tue candide membra. Gli ultimi sogni morenti mi riempiono ancora la mente di un languore sensuale. S’inseguono i miei pensieri lungo la linea ondulata del tuo corpo. Non mi ha ancora abbandonato il sonno che mi imprigiona in una fitta rete d’inganni. Poi odo il suono della tua voce Ti guardo e tu mi sorridi. |
EROS
Vieni amore conducimi con te nelle profondità del nero mare. Portami sulle candide cime che s’impennano nell’etereo turchino. Lasciami scorrere nel turbinare di ruscelli dalle acque smeraldo. Adagiami nel grembo odoroso di foreste dense di ombre che cupe celano la luce. Fammi scivolare sulla sabbia di seta del deserto che del sole ha rubato il colore |
Loops
Lungo la linea che cielo e terra unisce si stempera il sole in un impasto di colori che sono a tratti ricatturano Il profilo frastagliato della costa ormai nascosta dall’incipiente notte. Al largo una fottiglia di pescherecci ridisegna con le sue luci il cielo nascente. Ancora troppo pallida l’Orsa si nasconde tra la foschia di questa sera d’estate. un volo di falena ipnotizza la curiosità distratta di un geco che svelto rincorre la sua ombra sul muro. Lontano incombe il mare appena accarezzato dalla brezza nascente. |
Al Porto
L’alba dalla dita rosate, ha afferrato la notte e ne ha lacerato il mantello. La luce è sgorgata copiosa come da una arteria recisa. Inondando di colori vivaci il paesaggio ammantato nel lattiginoso torpore del sonno. Ombre indistinte s’affannano attorno alle barche dalle chiglie perfette. Mani sapienti s’attardano sugli attrezzi abilmente disposti sulle poppe eleganti. La marea che è entrata col sole gonfia la superficie purpurea dell’acqua che, viscida di alghe, lambisce l’attracco. Non si odono voci, solo il sordo rimbombo della risacca, che va a morire su una spiaggia di sabbia. Un uomo seduto, guarda il largo. Il suo viso segnato dal sole, mi riporta alla mente la mia gente. |
Big Game
L’attesa disegna sulla superficie immobile dell’acqua incomprensibili fraseggi, che il volo radente di un gabbiano scompiglia e rimesta. Ad ovest, come una foschia densa nubi gonfie di vapore mollemente s’adagiano sulla costa bassa e sabbiosa. Lentamente le ore sgocciolano via come dalla volta di una caverna, ed incrostano di ricordi un tempo sempre uguale a se stesso. Le lenze tese in agguato spiano presenze che la profondità rende inquietanti. Nel nero dell’abisso, grosse sagome guizzanti s’aggrovigliano in danze eleganti, evitando con destrezza l’inganno dell’amo. Ma l’uomo, maestro del celare, dà respiro al tempo, e non gli ruba i suoi spazi. Docilmente s’abbandona in coperta, a che gli porta i suoi sogni. E sogna, sogna di pescare e del sonno spezza la trama il sibilo acuto del filo che fugge. Il torpore come nebbia al mattino abbandona lo scafo ed un trambusto ordinato lo scuote. Ogni cosa è a suo posto, ed inizia la lotta, l’impari lotta tra l’uomo ed il Pesce. Regina è la sorte che tutto controlla e piega al capriccio del fato il destino. Ora regala un metro di lenza alla bestia, ora uno né toglie. I compagni gli si fanno d’appresso, sono un gruppo compatto, tutti attorno all’uomo che lotta, gli trasfondono forza e vigore, ma nessuno può placare il dolore che dal filo gli sale nel petto. Combatte ora il Pesce, combatte l’uomo, ed uno allieva le fatiche dell’altro in un impari lotta contro il destino che non ha mai vincitori. Poi di colpo il silenzio, l’animale stremato s’arrende, non oppone più resistenza. E’ reciso da Atropo il filo che lo tiene legato alla vita. Lentamente si ritira la lenza, tutti attendono ansiosi in coperta che affiori dal fondo e dal buio l’elegante sagoma argentea. Ed è forte il tumulto nel cuore, quando l’uomo Lo vede. Ne disegna con lo sguardo le membra, ne ricorda l’ardor nella lotta, ma la voce gli si spezza nel petto. Agli dei, ora chiede conforto, agli dei, ora immola preghiere. Non s’adiri il signore del mare a chi ha ostato con inganno provarlo di una preda di tale bellezza. |